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SANTA MARIA

 

Santo, Santo, Santo è il Signore

Chiamiamo Maria Santa e dobbiamo capire il significato di que­sto attributo. Santo è, nella Bibbia, uno dei tanti attributi di Dio; è un altro nome per dire Dio. Lo ricorda la stessa etimologia: sanctus è participio passato del verbo sancire, e significa «essere separato, distinto».

«Dio Santo» è Colui che trascende l'uomo e il mondo; che «abita una luce inaccessibile» ed è distinto dall'uomo. Più che una qualità morale, il termine santo indica l'essenza di Dio e la sua autorità: Dio è totalmente diverso, superiore, distinto... anche se presente e non distaccato dalle cose. Lui solo è Santo!

Dio partecipa la sua santità

Il Signore, che è il solo Santo, può tuttavia partecipare, e di fatto partecipa, la sua santità. Noi vediamo infatti che sono detti santi: il popolo di Israele, i Profeti, gli Apostoli, Giovanni Battista; santa è la Chiesa e santi tutti i Cristiani, partecipi della vita e della missione di Cristo.

Sante sono dette sia le persone che le cose che assumono una funzione divina: i ministri del culto, il tempio, l'altare, il sa­crificio, Gerusalemme, Sion. Le cose in sé sono profane, ma siccome entrano in relazione con Dio che è santo e servono il Santo, partecipano di questa santità. Ma soprattutto la santità si ha quando si imita la santità di Dio. Nell'Antico Testamento, Dio dice di essere santi, perché Lui è santo; e nel Nuovo: «questa è la volontà di Dio: la vostra san­tificazione»; «siate voi dunque perfetti come è perfetto il Pa­dre vostro che è nei cieli».

Gesù, il Santo di Dio in mezzo a noi, costituisce il modello di tutte le virtù, e l'imitarlo è il modo più vero per raggiungere quella perfezione che ci consente di essere uomini maturi e integrali.

Maria, santa perché piena di grazia

Alla base di questa imitazione di Dio di cui Gesù è il modello supremo c'è un dono fondamentale, che eleva la sostanza stessa dell'anima rendendola partecipe della santissima natura divina. Questo dono si chiama molto significativamente «grazia santifi­cante». Essa è ricevuta nel battesimo e rende l'anima splenden­te e luminosa: per questo è simboleggiata dalla veste candida.

Ora, questa grazia santificante che noi riceviamo nel battesimo è stata ricevuta con sovrabbondanza dalla Vergine Maria al mo­mento della sua Immacolata Concezione. Per questo ella è chia­mata dall'Angelo: «Piena di grazia». La sua anima dunque ha avuto sin dal primo istante una bellezza e uno splendore abba­glianti.

Santa perché ripiena di Spirito Santo

La grazia santificante, oltre a trasformare la sostanza dell'anima fa sì che essa diventi tempio dello Spirito Santo. Quindi Maria è santa anche perché lo Spirito Santo abita in lei e l'ha assunta come strumento e luogo della sua attività divina. Ora, lo Spirito Santo non soltanto possiede, ma è la santità so­stanziale. Ella è santa quindi non tanto e solo per la conquista di una emi­nente santità personale, ma perché porta in sé lo Spirito Santo.

Attraverso lei, lo Spirito realizza per così dire una dimensione storica; e Maria diviene, in un certo senso, la proiezione nel tempo dell'attività specifica dello Spirito: è infatti la sua santità che in lei vive e opera.

Santa perché Madre del salvatore

È santa anche perché assunta a servizio del disegno santo di Dio di salvare l'umanità attraverso l'incarnazione del suo Figlio. Lei è stata scelta e messa a parte per diventare la Madre del Salvatore. E come tale non poteva essere contaminata dal peccato comune a tutti gli uomini.

Santa perché modello di tutte le virtù

Nella sua vita Maria ha esercitato tutte le virtù proprie di una donna e di una cristiana". L'umile ragazza di Nazaret, fin dalla sua fanciullezza, ha vissu­to un'esistenza autenticamente umana.

L'essere piena di grazia non l'ha sottratta alle vicissitudini e alle lotte della vita comune. Queste difficoltà le hanno dato l'opportunità di esercitare le quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperan­za) e le tre virtù teologali (fede, speranza, carità) in sommo grado; e la fanno brillare ai nostri occhi come modello di una vita autenticamente umana e santa.

 

 

MADRE DI DIO

 

Vera madre di Dio

Maria genera una Persona che è Dio dall'eternità... Gesù non è Dio per il fatto che è stato generato da Maria (sareb­be un assurdo pensare a Maria come madre della natura divi­na!): Maria è madre di Dio perché nelle sue viscere e dalle sue viscere comunica al Verbo una natura umana simile alla sua.

Come nella generazione umana ordinaria la donna genera una persona e non una natura, così Maria genera la Persona del Verbo, il quale, pur conservando la natura divina, diviene suo vero Figlio solo quanto alla natura umana. Maria è quindi «Theotòkos», madre di Dio, perché il Figlio eter­no di Dio si fa uomo da lei e per mezzo di lei.

Vincitrice di tutte le eresie

L'espressione «Theotòkos», madre di Dio, applicata a Maria Santissima, fa sì che ella possa venire chiamata «vincitrice di tutte le eresie». Infatti le eresie, cioè gli errori che riguardano il mistero dell'incarnazione del Verbo, si possono ricondurre alla negazione o della vera divinità di Gesù, o della sua vera uma­nità, o dell'unione della divinità con l'umanità nell'unica Perso­na divina del Verbo. Ora, dicendo che Maria è madre di Dio noi riconosciamo:

- che Gesù è veramente Dio;

- che è veramente uomo (altrimenti Maria non sarebbe sua madre);

- che in Lui c'è la sola Persona divina (altrimenti Maria sarebbe madre della persona umana di Gesù, e quindi non più madre di Dio).

In breve, Gesù è vero Dio e vero uomo:

- dicendo che Maria è madre di Dio, noi affermiamo la di­vinità di Gesù;

- dicendo che è madre di Dio, noi affermiamo la umanità di Gesù.

Degna madre di Dio

Nessuna creatura umana è stata pensata, «progettata», assunta, elevata a così alta dignità. Lo dice il Concilio Vaticano II con incisive parole: «redenta in modo su­blime in vista dei meriti del Figlio suo, e a Lui unita da uno stretto e indissolubile vincolo, Maria è insignita del sommo uf­ficio e della eccelsa dignità di Madre del Figlio di Dio, e perciò prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo. Per questo do­no di grazia eccezionale, precede di gran lunga tutte le creature celesti e terrestri» (Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, 53).

Ovviamente, per questa altissima dignità Dio l'ha adeguata­mente preparata «arricchendola di tutti i doni cònsoni a tanto ufficio».

 

Madre nostra

«Dio volle che l'accettazione della predestinata Madre prece­desse l'Incarnazione, perché, così come una donna aveva con­tribuito a dare la morte, così una donna contribuisse a dare la vita. Ciò vale in modo straordinario per la Madre di Gesù, la quale ha dato al mondo la Vita stessa che tutto rinnova».

Maria accetta di essere la Madre del Redentore e, di conseguen­za, la Madre dei redenti.

Noi siamo debitori a lei della vita nuova portata da Cristo; è lei che con il suo "sì" ha contribuito al disegno della redenzione, quello cioè di costituire Gesù Cristo come l'unico Mediatore e Salvatore di tutti gli uomini. Tutto in lei ha senso se è riferito a Gesù, e tutto ha senso in Ge­sù se è riferito a noi. La madre sua diviene così madre nostra «non secondo la carne, ma nell'ordine della grazia».

Ed è questo il senso delle parole rivolte dalla Croce a Giovanni: «Figlio, ecco tua Madre!». Non poteva Gesù, prima di morire, compiere un gesto più gran­de e significativo di quello di darci come madre la sua stessa Madre!

PREGA PER NOI PECCATORI

Prega

Fin qui abbiamo benedetto e lodato Maria, capolavoro di Dio, Madre di Gesù e Madre nostra. L'abbiamo ammirata, magnificata, e ci è venuto spontaneo il paragone: Tu sei grande... e noi tanto piccoli; Tu sei immacolata... e noi coperti di tanta impurità; Tu sei santa... e noi siamo peccatori; Tu sei docile e fedele... e noi siamo ribelli a un Dio che pur con­tinua ad amarci; Tu hai saputo dire «sì»... e la nostra vita è tutta costellata di «no» puntigliosi e cattivi; Tu sei beata nella gloria, e noi ancora immersi in tante diffi­coltà, tentazioni e problemi.

L'ammirazione si tramuta in rammarico di non essere come lei, ma anche in un bisogno prorompente di chiederle tante cose, consapevoli che tutto si può chiedere ad una Madre! Ecco allora l'invocazione: prega!

Per noi

Maria, prega, fa qualcosa per noi! Dì una parola in nostro favore! Intercedi presso Dio!

Intercedere significa intervenire a vantaggio di qualcuno; me­diare, fare dei passi a suo vantaggio; "strappare" una grazia. Maria può intercedere, vuole intercedere, perché è dalla parte di Dio e dalla parte nostra. È stata definita: «l'onnipotenza che intercede», «l'onnipotenza supplice».

Solo Dio è onnipotente, ma la potenza di Maria consiste nell'ot­tenere da Dio ciò che è bene per quei figli bisognosi che Dio stesso le ha affidato. Quando ci affidiamo a lei, la nostra causa, anche se disperata, è in buone mani.

Peccatori

Ci rivolgiamo a lei consapevoli del nostro stato di «poveri pec­catori». Non abbiamo titoli e meriti da rivendicare, se non quelli di es­sere «iscritti nella lista dei poveri». Siamo poveri di meriti, peccatori per nascita e anche per no­stra responsabilità. È questo l'unico titolo valido per implorare il suo aiuto.

È questa la condizione che ci dà garanzia di essere esauditi: ri­conoscere che siamo bisognosi di tutto, e che nulla siamo senza l'aiuto del suo divin Figlio e senza quella intercessione che ella può caldeggiare con materno amore.

Prima ancora di chiedere «una grazia», poniamoci fiduciosi da­vanti a lei, «rifugio dei peccatori» e «madre della divina Gra­zia».

Poniamo la nostra «posizione personale» nelle sue mani, e, con le nostre frequenti invocazioni, chiediamole di condurci per quelle strade che lei conosce come sicure e orientate al nostro vero bene!

 

ADESSO

Il momento presente

Prega per noi, adesso... L'adesso dell' «Ave Maria» richiama l'oggi del «Padre nostro»: «dacci oggi il nostro pane quotidiano». La nostra fragile vita ha bisogno di quel nutrimento essenziale che è il pane. Ma proprio perché la vita umana è all'insegna della fragilità e della precarietà, ha bisogno di essere coperta e assicurata in ogni momento, e quindi adesso.

L'adesso è ciò che riempie la nostra vita di significato, la rende preziosa, impedisce che il filo si spezzi. Troppo spesso viviamo con lo sguardo rivolto al passato, o proiettato verso il futuro... e così perdiamo gli appuntamenti deci­sivi, quelli dell'oggi. Viviamo di ricordi, di rimpianti, di nostalgie... Oppure di sogni vaghi o di attese illusorie. In tal modo non sappiamo afferrare l'adesso, il momento favo­revole, il messaggio di oggi, la grazia di oggi.

Ma l'uomo maturo e illuminato non è distratto nei confronti del presente: lo alimenta con la memoria del passato e con l'attesa del futuro, ma lo vive intensamente, responsabilmente, nella certezza che è proprio il presente ciò che conta, e che... questo presente non tornerà mai più. Non esistono solo le rare grandi occasioni della vita; esistono invece le minuscole, modeste, normali, occasioni quotidiane... E sono tutte preziose, tutte importanti; tutte da vivere e da sfrutta­re con intensità gelosa: momento per momento, e quindi adesso!

Nel bene e nel male

In questo prezioso attimo presente imploriamo l'aiuto di Maria: una presenza quindi costante, abituale, lungo il filo dei giorni feriali, nell'ambito del quotidiano. Non solo nei momenti di emergenza, quando le cose si mettono male e siamo nella disperazione, perché l'intervento della Madre non può essere sporadico, occasionale, frammentario. Una presenza familiare, che ce la rende presente nella gioia e nel dolore, nei momenti nei quali vivere è facile e in quelli nei quali il cammino si fa arduo e oscuro.

Per celebrare la vita

Pregando adesso e per l'adesso, noi chiediamo a Maria di non «abi­tuarci alla vita», ma di scoprirla ogni giorno per quello che realmen­te è: uno splendido dono che si riceve e che si deve rendere. La vita è miracolo, è sorpresa. È un evento sempre nuovo, sorprendente, inaudito. È un prodigio unico e irripetibile. Il giorno che spunta oggi non è qualcosa di scontato, di banale... dal momento che c'è stato quello di ieri. La vita è creazione, è invenzione dell'«Amore». Ogni giorno è la «prima volta».

Non esistono giorni ordinari: ogni giorno è straordinario, insolito, «mai visto», ed è carico di novità e imprevedibilità a non finire. Maria, aiutaci a celebrare la vita con stupore e riconoscenza, ogni giorno e in ogni istante. Per non renderlo banale, inutile e triste. Per non disperderlo, per non svuotarlo, per non sciuparlo. Per ricuperare il senso della gratuità e della lode, per ritrovare la freschezza del canto, per gustare la felicità di donarla con amo­re e per amore.

Aiutaci. Adesso.

E NELL’ORA DELLA NOSTRA MORTE

L'ora della morte

L'ora della morte è l'ora più temuta e il più possibile allontanata. Ma è un'ora che inesorabilmente verrà... e per tutti. Siamo sicuri che, nella successione degli adesso, verrà un «adesso» che segnerà la fine, e, con essa, la partenza da questo mondo.

A questa realtà costantemente ci richiama l'Ave Maria, anche se la recitiamo distrattamente e quasi scivolando sulla parola che non vorremmo mai pronunciare: la morte.

Nell'Ave Maria quell'ora suprema si chiama proprio morte, senza camuffamenti ed eufemismi.

Si chiama col suo termine immediato e vero, perché, dato la persona a cui ci rivolgiamo, non serve a nulla nascondere la realtà di un evento che è il più decisivo.

La morte ci fa paura

Nulla ci angoscia più del pensiero della morte. Essa si presenta come una realtà assurda e scandalosa, da evita­re accuratamente, da non far entrare nei discorsi abituali fra per­sone «normali». Cerchiamo tante strade per eliminarla dal linguaggio e dal co­stume. Abbiamo inventato slogan che sono divenuti comuni. Diciamo: «un malato in fase terminale» (per non dire «un moribondo»), «voglio morire in piedi», «voglio morire sulla breccia»... ma la realtà non cambia. E la morte permane, nonostante le più moderne invenzioni e i più conclamati successi scientifici.

Ci fa paura anche se abbiamo fede

Cristo, morendo, ha distrutto la nostra morte, e, risorgendo, ha ridato a noi la vita. Col suo mistero di morte e di resurrezione, ha trasformato la morte in amore di vita immortale. Ce lo dice la Fede: e per questo sappiamo che morire non è fini­re, ma entrare in quella vita vera, per la quale siamo nati.

Tentiamo di persuaderci che la morte, sul piano fisico, è un evento biologico normale, e, sul piano cristiano, il momento più prezioso che dà senso e coronamento alla nostra esistenza... Ci sosteniamo e consoliamo con molti ragionamenti... e ciò nonostante il suo mistero continua a metterci addosso i brividi... ed è più che normale!

Anche Gesù, sulla Croce, accolse la morte con terrore gridando al Padre tutta la sua angoscia. Che cosa possiamo fare? Possiamo continuare così ad allontanare, a minimizzare, a sotto­valutare l'evento più importante e decisivo della nostra esistenza? Evidentemente no! Meglio accettare la realtà delle cose: accettare fin d'ora, per allora, quello che accadrà, e, fin d'ora prepararlo con responsa­bilità ed equilibrio. E proprio... con l'aiuto di Maria.

Con Maria, la vita illumina la morte e la morte illumina la vita

Maria, invocata con fiducia, rende tutto più semplice, più com­prensibile, più accettabile, più sereno. Essa ci garantisce per l'adesso una presenza materna dolce e in­sostituibile. Ma mentre ci sostiene nel presente, ci dispone con serenità al futuro e a quell'ora suprema. Ci prepara alla morte, insegnandoci a vivere.

La morte illumina la vita, e la vita prepara la morte, perché essa, come diceva P. Kolbe, «non si improvvisa, ma si merita con tutta la vita». Il pensiero della morte richiama l'urgenza di non sciupare nulla di quello che la vita offre nel suo scorrere quotidiano e di sfrut­tare per il meglio ogni attimo che via via essa ci dona nel suo rapido dispiegarsi.

Vita e morte così mirabilmente si intrecciano in un'armonia che dona responsabilità, impegno e serenità.

L'Ave Maria, unendo nella preghiera 1' «adesso» e 1' «ora della morte» è il ricordo e lo stimolo migliore a realizzare questa armonia salutare.

Ad aprire quella porta ci sarà lei

All'appuntamento con la morte, tutti ci lasceranno, ma non Maria. Ad aprire quella porta sarà lei e soltanto lei! Nel momento nel quale avverrà il nostro personale incontro col suo Figlio, Giudice e Salvatore, sarà lei a parlare per noi, come madre, come amica, come avvocata potente. Entreremo nella vita eterna con l'aiuto e la protezione della mamma. Anzi:  in sua compagnia!

Sarà lei a prenderci per mano, a facilitarci il passaggio, a parla­re con noi. Non ci ricaccerà, non ci abbandonerà, perché a lei Gesù ha detto: «ecco tuo figlio!». Di una cosa siamo sicuri: che non ci deluderà, se noi l'avremo invocata, se noi l'avremo chiamata e pregata recitando ogni giorno, in vita, la preghiera dei figli: l’Ave Maria.

AMEN

Amen

L'Ave Maria, come tutte le preghiere si concluse con la parola Amen. È un'acclamazione ebraica intraducibile che, dalla Bibbia, fin dai primi tempi, passò nella Liturgia cristiana. Deriva dalla radice àman, ed esprime: sicurezza e verità. Per questo, Dio è chiamato l'Amen, e Gesù è detto l'Amen per­ché «è il testimone della verità».

Amen è anche il termine col quale esprimiamo l'assenso a ciò che altri fanno o dicono a nome di tutti, specie in un contesto liturgico.

Amen: così è

AMEN: è sicuramente vero tutto quello che ti abbiamo detto, Maria, ammirando i tuoi privilegi e le tue virtù, venerandoti e amandoti per la tua eccelsa dignità di Madre di Gesù e nostra.

AMEN: siamo fortemente poggiati su di Te, che sei una roccia salda e indistruttibile e ci doni la sicurezza che ci è indispensa­bile per andare avanti.

AMEN: dopo averti pregato, siamo in pace, anche se attorno infuria la tempesta, perché sappiamo che COSÌ È: adesso e nel­l'ora della nostra morte.

COSÌ È: perché ci sei accanto, non ci abbandoni, non ti stanchi di ascoltarci e di amarci, come una tenera mamma.

 

Sant’Agostino (Sermo 256, I)

«Ora il nostro corpo è nella condizione terrestre,

in Paradiso sarà in quella celeste.

O felice quell'Amen cantato lassù.

O Amen di sicurezza e di pace!

Là risuoneranno le lodi di Dio.

Certo risuonano anche qui.

Qui, però, nell'ansia mentre lassù nella tranquillità.

Qui, cantiamo da mortali, là da immortali.

Qui, cantiamo nella speranza, lassù nella realtà.

Qui, da esuli e pellegrini, lassù nella patria... ».