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"Il Rosario recitato con fede e' efficace quasi come un esorcismo" (Padre Gabriele Amorth)


"Il Rosario sarà una difesa potentissima contro l'inferno, distruggerà i vizi, libererà dal peccato, dissiperà le eresie" (Beato Alano de La Roche)


PREMESSA

 

L'Ave Maria, insieme al Padre nostro ed al Magnificat, sono le preghiere più amate e recitate dai cristiani.

Nella sua brevità contiene l'essenziale: ciò che in sintesi, si può dire di Maria, e ciò che ognuno le può chiedere e confidare, pregando.

Lo scopo di questo breve commento alle singo­le espressioni che la compongono è di rinverdire la conoscenza del mistero di Maria e la fede e l'amore che portiamo a Lei, nostra te­nerissima Madre.

 

1. L’ «AVE MARIA» (E IL «MAGNIFICAT») NEL VANGELO

 

Per entrare nel mistero di Maria di Nazaret e comprendere il senso dell'Ave Maria è indispensabile leggere con attenzione i due brani del Vangelo di S. Luca al capitolo I: l'Annunciazione (Lc 1, 26-38) e la Visitazione (Lc 1, 39-56).

L'annuncio dell'angelo a Maria

 

26Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret,

27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.

25Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».

29A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.

30L' angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato gra­zia presso Dio.

31Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.

32Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre

33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non cono­sco uomo».

35Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che na­scerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.

36Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:

37nulla è impossibile a Dio».

35Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, av­venga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.

 

La visita di Maria ad Elisabetta

 

391n quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.

40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.

41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo

42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedet­to il frutto del tuo grembo!

43A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?

44Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.

45E beata colei che ha creduto nell' adempimento delle parole del Signore».

46Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore

47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

45perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

49Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome:

50di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.

51Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

52ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;

53ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi.

54Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua miseri­cordia,

55come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».

56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

 

 

2. STRUTTURA DELL’AVE MARIA


L'Ave Maria si compone di due parti: la prima parte è di lode e la seconda è di supplica.

 

Lode

È una lode a Maria fatta con le parole a lei indirizzate dall'an­gelo Gabriele e da Elisabetta:

Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con te,

Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno

La traduzione ufficiale del termine originale è «seno». Altri tra­ducono: ventre, grembo.

L'aggiunta del nome di Gesù, fatta a conclusione, è opera di Papa Urbano IV, che fu Pontefice dal 1261 al 1264.

Osserviamo:

1. Tra le lodi a Maria, nessuna può essere simile o superiore a questa, perché è formata da parole rivelate, contenute nel Van­gelo.

2. Questa lode costituisce un filone ininterrotto di preghiera che parte idealmente da Gabriele e da Elisabetta e giunge fino ai nostri giorni, facendosi carico della voce dei secoli.

3. Come ad Elisabetta fu necessaria la luce dello Spirito Santo per riconoscere in Maria «la benedetta fra tutte le donne», così solo nello Spirito Santo ognuno di noi può dire a Maria «ave... benedetta» con vera adesione di fede.

Supplica

La seconda parte è ora così formulata:

Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi, peccatori, adesso, e nell 'ora della nostra morte. Amen.

- L'attuale formulazione ha conosciuto espressioni alterne a se­conda degli ambienti e delle epoche.

- A metà del 1300 si diceva: «Santa Maria, madre di Dio, madre di grazia e di misericordia, prega per noi, adesso e nell'ora della morte. Così sia».

- Non c'era il termine «peccatori», che viene introdotto soprattut­to a seguito della predicazione di S. Bernardino da Siena, a metà del 1400, e appare nel Catechismo di Pier Canisio nel 1548.

- Nel 1568 il Papa Pio V, raccogliendo i vari elementi presenti nelle diverse consuetudini dei fedeli, fissa le forme della suppli­ca nei termini che oggi usiamo.

- L'Ave Maria è associata alla recita dell'Angelus, che da antica tradizione si recita all' alba, a mezzogiorno e al vespro.

- Viene ripetutamente recitata nel Rosario, il cui inizio e la cui diffusione nella forma attuale si deve, in gran parte, allo zelo di S. Domenico e dei suoi frati.

 

 

3. ETIMOLOGIA, ESEGESI E SIGNIFICATO TEOLOGICO DELL’«AVE MARIA»


AVE, RALLEGRATI!


Ave, kàire, shalom

L'evangelista Luca, che scrive in greco, riferendo il saluto dell'angelo Gabriele a Maria, usa il termine abituale fra i greci:

Kàire, che corrisponde:

- al latino: ave, salve;

- all' arabo: salamelek, salute;

- all'ebraico: shalom lak, la pace sia con te.

Il termine greco usato da Luca sembra però avere una sua parti­colare connotazione perché, in greco, i termini gioia (Kàra) grazia (Kàris) di cui la gioia è espressione, hanno la stessa matrice etimologica di Kaire.

Il saluto rivolto con la parola Kaire acquista quindi un carattere festevole e gioioso.

Non è solo un saluto, ma un invito, quasi un imperativo: rallegrati, Maria!

 

Rallegrati: perché?

Rallegrati perché, in te e con te, Dio fedele attua le sue promes­se: compie le profezie, le attese, le speranze, i sospiri di un po­polo e del mondo.

Rallegrati perché in te si realizzano gli annunci profetici di sal­vezza rivolti alla «figlia e ai figli di Sion», espressi soprattutto da Sofonia, Gioiele e Zaccaria.

Sofonia:

«Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, rallegrati... figlia di Gerusalemme!

Il Signore tuo Dio è in mezzo a te... è un salvatore potente».

Gioele:

«Non temere, terra, ma rallegrati e gioisci perché grandi cose ha fatto il Signore... Voi, figli di Sion, rallegratevi... perché vi dà pioggia...

Le aie si riempiranno di grano...

Voi riconoscerete che io sono in mezzo a Israele, e che io sono il Signore vostro Dio».

Zaccaria:

Esulta... figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re..

 

Tu sei «la figlia di Sion»!

Tu, Maria, sei in realtà la «figlia di Sion» alla quale si riferisco­no questi e altri testi antichi!

In te, Maria, si concretizzano non solo le attese di Israele (che è chiamato «figlia di Sion»), ma anche quelle di tutta l'umanità (Israele rappresenta tutte le nazioni).

Il Dio che, secondo queste profezie, sarebbe venuto ad abitare in Sion come re e salvatore, è lo Spirito Santo, che farà dite la sua dimora e ti renderà madre del Salvatore.

In te, Maria, la storia giunge alla sua pienezza, perché tu, dive­nendo Madre del Figlio di Dio, fai scendere il cielo sulla terra. Rallegrati, perché hai trovato grazia presso Dio; sei la piena di grazia, sei tempio dello Spirito e stai per generare l'Emmanuele, cioè il Dio con noi!

 

MARIA – MYRIAM - MARIAM


Allora ogni nome aveva un significato

Nonostante che l'Angelo la saluti col nuovo nome di «piena di grazia», noi nella preghiera subito aggiungiamo il nome che ci è familiare: Maria; Ave, Maria, piena di grazia.

Nella Bibbia i nomi non sono arbitrari, come da noi, ma hanno un loro preciso significato che è legato:

-  alle circostanze della nascita (Aggeo = nato in giorno di festa);

-  all'aspetto fisico (Edon = rosso);

- al temperamento (Andrea = virile; Noemi = mia dolcezza).

Molti nomi hanno un diretto riferimento a Dio. Sono i nomi detti teòfori, che hanno un esplicito riferimento a Dio e spes­so nel modo più originale e sorprendente. Nella Bibbia sono 450.

I più celebri sono: Emmanuele = Dio con noi; Gesù = Salvatore; Natanaele = Dio è donato; Teofilo = che ama Dio; Giovanni = Dio ha fatto grazia; Michele = chi è come Dio?

Altri hanno riferimento alla missione assegnata: Pietro = Pietra (perché destinato ad essere il fondamento della Chiesa). Pronunciare il nome di un individuo significava, quindi, rivelare la sua natura intima, la sua reale identità.

Imporre il nome era un atto solenne e decisivo, per il quale nascevano spesso delle discussioni.

A volte l'imposizione del nome avveniva per rivelazione del cielo, come per Giovanni Battista e per Gesù.

Anche quello di Maria

Se ogni nome racchiudeva il mistero della persona, ne svelava anche la natura e la qualità, ne denunciava il destino, precisava il senso della sua missione, è importante conoscere il significato del nome di Maria.

Non sappiamo nulla delle eventuali discussioni sorte in famiglia per l'imposizione del nome e dei motivi che lo determinarono: sta però di fatto che il significato etimologico più coerente ed accettato si adatta in modo meraviglioso alla persona e alla mis­sione della donna più amata da Dio.

 

Maria, la prediletta di Dio

Maria è un nome composto di due radici, una egizia e l'altra ebraica. Myr; in egizio, significa «l'amata»; yam, in ebraico, è l'abbre­viazione di Iahvè.

Miryàm vuol dire dunque l'amata di Iahvè, la prediletta di Dio. Il suo nome è già indicativo del destino unico della sua vita e della sua missione: quello di essere, per sempre, la prediletta di Dio, scelta per una missione divina di salvezza, per la quale sarebbe stata associata in perpetuo alle tre Persone della Santis­sima Trinità.

Maria, la donna che rivela il volto femminile di Dio

L'essere amata e prediletta da Dio non è un privilegio che mor­tifica e abbassa le altre donne: anzi le onora e le eleva tutte. Dio Padre vuole mostrare in Maria ciò che ha preparato per tutte le donne, a somiglianza di lei. In lei il femminile della creazione è elevato alla dimensione suprema di Dio, e, come meglio vedremo, per Maria e in Maria, la prediletta, Dio mostra e rivela il suo volto femminile, fecon­do e materno. Un privilegio che si tramuta in dono, per conoscere Dio nel suo aspetto più dolce e ineffabile!

 

 

PIENA DI GRAZIA

Il nome nuovo: piena di grazia!

L'angelo, salutando Maria, subito le recapita un dono: il nuovo nome. Non la chiama Maria, ma piena di grazia: «rallegrati, o piena di grazia».

Il termine originale greco kekaritoméne, tradotto dalla Volgata in: «piena di grazia» è quasi intraducibile, perché ha un conte­nuto molto più profondo di quello che normalmente esprimia­mo con i termini: favorita, gratificata, privilegiata, santificata da Dio. La Volgata è la traduzione della Bibbia, dalle lingue originali ebraica, aramaica e greca, nella lingua parlata dal vulgus, dal popolo, cioè il lati­no. Fu realizzata da S. Girolamo fra la fine del IV e l'inizio del V secolo d. C.

È comunque la parola più decisiva, più ricca e più espressiva del mistero di Maria, e quindi di questa preghiera.

È la parola-chiave per penetrare nel profondo del progetto divi­no relativo alla sua scelta e alla nostra salvezza.

 

Piena di grazia perché dimora dello Spirito Santo

Lo Spirito Santo, la terza Persona della Santissima Trinità, scen­de in Maria e prende possesso di lei. Una Persona divina fa di lei la sua dimora, il suo tempio. Scende in lei per divinizzarla, per innalzarla a quell' altezza su­blime che le permette di generare il Figlio di Dio. E infatti, «quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo». In lei lo Spirito Santo rende tangibile l'opera di Dio per gli uo­mini: un'opera di amore e di redenzione. Maria è piena di grazia perché è abitata dallo Spirito Santo. «Spirito Santo» e «grazia» sono due realtà inscindibili, perciò dire «piena di grazia» è lo stesso che dire: «piena di Spirito Santo». È «piena di grazia» perché ripiena dell'Autore della Grazia; è «piena di grazia» perché Lui ha fissato in Maria la sua dimora perenne!

 

Perché immacolata e senza macchia di peccato

Per poter essere degna dimora dello Spirito Santo, Dio l'ha pre­servata dalla colpa originale, fin dal suo concepimento nel seno materno.

Non poteva anche per un solo istante essere contaminata dal peccato colei che doveva coabitare con lo Spirito Santo, e gene­rare Cristo, Redentore e Salvatore del mondo.

Se il peccato è rifiuto, non poteva conoscerlo colei la cui vita è stata tutta un generoso al progetto del Signore.

Se il peccato è disordine, come poteva commetterlo colei la cui vita doveva essere tutta un'armonia di rapporti col suo Sposo divino!

Ogni espressione è insufficiente a contenere e a esprimere que­sto prodigioso e singolare mistero di una donna elevata al verti­ginoso livello di sposa immacolata dello Spirito Santo e di madre terrena del Figlio di Dio!

Perché «con-templata» e «graziata»

Davanti ad un così incredibile dono, non possiamo che prorom­pere, con l'angelo, in un grido di stupore e di ammirazione: ral­legrati perché sei stata «con-templata»; sei stata «graziata!».

Il termine con-templata evidenzia la vocazione a divenire tem­pio dello Spirito Santo. Il termine graziata esprime la sorgente del dono, che è Dio in Persona, e l'effetto del dono stesso, che fa di lei la donna più amabile e graziosa agli occhi di Dio e degli uomini.

Graziosa al punto da essere costituita la tutta bella la tutta santa, aurora luminosa e radice incontaminata da cui spunterà l'albero della vita. Maria è così l'immagine compiuta della Figlia di Sion, che è Israele; è primizia della Chiesa, che è la sposa di Cristo. All'inizio di Israele vi è un gesto squisito d'amore di Dio, come all'inizio della vicenda di Maria.

Per l'uno e per l'altra vi è una chiamata gratuita non fondata sui meriti, sulla forza, sull'efficienza, sulla retta condotta, ma uni­camente sull' amore e sulla fedeltà di Dio al giuramento fatto nei tempi antichi. Dio «fa grazia» ad Israele, come la farà a Maria «ricordandosi della sua misericordia». Maria è così figura e compimento di Israele e insieme archètipo e primizia della Chiesa e di ogni cristiano.

 

 

IL SIGNORE E’ CON TE


È con te, come luogo e segno dell'alleanza

Nella Bibbia, la formula «il Signore è con te» ricorre in due contesti diversi: di alleanza e di vocazione. Nell'Antico Testamento il Signore si sceglie un popolo e stringe con lui un'alleanza. Si impegna ad assicurargli una propria pre­senza amorevole e fattiva di cui l'arca è il segno concreto e visibile.

C'è un evidente parallelo fra l'arca dall'alleanza e Maria. Basta un piccolo esempio, fra i tanti:

- Davide, confuso e spaventato per la vicinanza dell'arca, escla­ma: «come potrà venire a me l'arca dell'alleanza?».

- Elisabetta si domanda stupita: «a che debbo che la madre del mio Signore venga a me?».

Maria, invocata come «arca dell'alleanza», è il «luogo» dove lo Spirito Santo realizza in maniera perenne la propria presenza e dal quale irradia la sua azione. Maria è la donna che attualizza e garantisce la presenza del Figlio di Dio che, nel suo sangue versato sulla croce, rende per­fetta e perenne l'alleanza di Dio con il suo popolo.

È con te perché tu non abbia timore

Nella storia biblica il sarò con te si ritrova in racconti nei quali Dio chiama qualcuno ad una particolare missione. Un esempio. Dio chiama Mosè: «"va'! io ti mando dal Faraone. Mosè disse a Dio: "Chi sono io per andare dal Faraone e per fare uscire dall'Egitto gli Israeliti?". Rispose: "Io sarò con te"». Mosè incalza: «"io non sono un buon parlatore;... sono impac­ciato di bocca e di lingua". Il Signore gli disse "Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quel­lo che dovrai dire».

Di dialoghi come questi è piena la Bibbia, e su questa linea si muove il dialogo dell'angelo con Maria. A Gabriele che chiede l'adesione ad un piano misterioso, Maria pone un'obiezione più che naturale: «Come è possibile?». Si sente piccola, povera, sproporzionata alla grandiosità di quel piano.

Ma l'angelo la rassicura: non temere, abbi fiducia, non far con­to su di te, ma sulla potenza del Signore! Par di sentire le parole con le quali Mosè, passando le consegne al successore Giosuè, lo rincuora dicendo: «Sii forte e fatti ani­mo... Il Signore stesso cammina davanti a te; egli sarà con te, non ti lascerà e non ti abbandonerà; non temere ...».

 

È con te perché tu sia forte nella sofferenza che ti attende

La missione a cui il Signore chiama la sua prediletta creatura non sarà né semplice né immune da sofferenze: sarà anzi tutta una sofferenza!

Come Gesù è Redentore principalmente in quanto crocefisso, così Maria è Corredentrice in quanto addolorata.

Nel supremo atto del nostro riscatto i sentimenti e i dolori dei cuori di Gesù e di Maria furono tanto associati, che si possono capire gli uni solo alla luce degli altri.

Le sofferenze di Gesù superano quelle di Maria nell'intensità ma non nella durata, perché esse continuarono in sommo grado anche dopo la morte di Gesù, nel colpo di lancia, nella deposi­zione dalla croce, ecc.

Il dolore accompagnò Maria sempre nel suo cammino terreno, sia per la stretta associazione alle continue sofferenze del Fi­glio, sia per le difficoltà, l'ottusità, il rifiuto con cui furono spes­so accolti Gesù, lei stessa e la Chiesa nascente.

E furono tutti dolori non solo sopportati, ma amati, offerti con tutto lo slancio del cuore. Come Gesù, anelante alla Redenzio­ne, si immolava sulla croce, Maria ardentemente si immolava sull'altare del suo cuore con Lui, per lo stesso suo fine, cioè per ognuno dei suoi figli. Evidentemente, solo Dio può dare tutta la forza necessaria per un così pesante cammino di sofferenza! Ed è per questo che l'angelo assicura Maria: non temere, il Si­gnore è, e sarà, sempre con te!

 

 

TU SEI BENEDETTA FRA LE DONNE


«Benedetta tu fra le donne!»

Non appena Maria, tempio vivo dello Spirito Santo e già porta­trice del Figlio, arca itinerante della nuova alleanza, si affaccia sulla soglia di casa, Elisabetta prorompe in un grido di gioia ed esclama «a gran voce: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo"».

La gioia delle due madri è subito posta in riferimento ai figli: «Il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo!».

È proprio in vista e a causa di loro che si può gioire e glorifica­re il Signore. Elisabetta, illuminata dallo Spirito Santo, è immediatamente in­trodotta nel mistero ed esclama: «Tu sei benedetta!». «Benedetta fra le donne»: sei cioè colei che, fra tutte le donne, ha avuto, da parte del Signore, la massima benevolenza, e quin­di la più grande dignità!

 

È Dio che benedice

Nell'Antico Testamento, ricorre spesso la parola «benedizione» (bera'ha), che significa: comunicazione di vita da parte di Dio. È Dio che benedice, che dà vigore, forza, successo, discendenza numerosa, pace, sicurezza...

Tutto il racconto della creazione è punteggiato di benedizioni diverse, così che essa diviene una grandiosa opera di vita, buo­na e piacevole.

Dove c'è la vita, c'è il Creatore in azione; così che la benedizio­ne non è un atto sporadico, ma un'azione incessante di Dio. La benedizione è dunque il segno del favore di Dio impresso nella creatura: non un vago augurio, ma un segno efficace che raggiunge lo scopo per cui è dato.

 

Anche l'uomo può benedire

Dio soltanto ha il potere di benedire. Quando l'uomo benedice, lo fa in nome di Dio, come suo rap­presentante. Ma esiste anche una benedizione ascendente, ed è quella che l'uomo fa quando benedice nella preghiera. Diciamo nella Messa: noi ti lodiamo, ti benediciamo.

«benedirlo» significa: riconoscere che tutti i beni di cui ab­biamo il possesso vengono da Lui e a Lui debbono ritornare. Tipica è la benedizione della mensa: il pane, il vino e i frutti della terra, per il fatto che esistono, sono già benedetti. E «be­nedirli» significa: riceverli da Dio, Donatore supremo e quindi lodarlo, ringraziarlo e impegnarsi a utilizzarli secondo il fine per cui Egli ce li ha dati...

 

Maria benedetta in modo specialissimo

Maria è la benedetta per eccellenza. Su nessuna creatura Dio ha riversato ricchi doni di natura e di grazia come su di lei! Se la benedizione è il segno della benevolenza divina, quale benedizione più di questa documenta la benevolenza di Dio per una creatura che Dio stesso eleva alla dignità di sposa e di ma­dre del Figlio suo?

Dio la benedice in modo singolare e Maria, a sua volta, lo bene­dice magnificando la grandezza della sua misericordia: «grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome!». A Lui la lode, la benedizione «nei secoli dei secoli».

 

Benedetta, perché espressione suprema della femminilità

Maria è benedetta, prima di tutto, in quanto donna. In lei il femminile raggiunge il massimo grado di realizzazione e di espressività. In vista di questa realizzazione sublime, Dio ha preparato la natura femminile, e l'ha resa affine allo Spirito Santo.

L'ha predisposta a immagine e somiglianza dello Spirito Santo più di qualunque altra creatura e più dell'uomo. Così che quando lo Spirito discende in Maria, trova un ricetta­colo vivo, preparato e a Lui congeniale. Egli viene a ciò che è suo, da sempre pensato, amato e creato per il momento singolare nel quale Dio si sarebbe sposato col femminile e il femminile con Dio.

Benedetta, perché rivelazione della femminilità di Dio

Può sembrare improprio parlare della femminilità di Dio, ma nulla vi è di più sicuro della presenza del femminile in Lui. Ogni essere creato, e specialmente l'essere umano, è maschio e femmina. Se questo duplice aspetto è presente nelle creature, lo deve essere anche, e in momento eminente, nel Creatore.

Lo Spirito Santo si presenta nella Rivelazione come la Persona adeguata a esprimere il femminile. Lo stesso termine ebraico usato per indicare lo Spirito (Ruah) è femminile. La donna, nella quale vi è la massima concentrazione di femmi­nile, è legata a tutto ciò che riguarda la vita, l'intimità, la tene­rezza, l'amore... e sono queste, e altre simili, le attribuzioni che la Bibbia indica essere proprie dello Spirito Santo.

Maria è benedetta perché in Lei lo Spirito Santo manifesta il volto completo di Dio, svelando in modo inequivocabile la dol­cezza materna di Dio. Gesù, nato da Maria, è Figlio di Dio ed è quindi Dio come il Padre. Maria non è Dio, ma è elevata dallo Spirito Santo a un rango di­vino tale da essere Madre per eccellenza, in cui è prefigurata la maternità stessa della Chiesa e svelato in immagine il volto femminile di Dio. Maria è lo strumento privilegiato ed eccelso per la più dolce e grandiosa rivelazione della «profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio!».

 

 

E BENEDETTO E’ IL FRUTTO DEL TUO SENO

Frutto dello Spirito Santo e di Maria

Elisabetta, dopo aver proclamato Maria «benedetta fra tutte le don­ne», subito aggiunge: «e benedetto è il frutto del tuo grembo». L'angelo aveva già indicato le prerogative uniche di questo frut­to: «Colui che nascerà sarà Santo e chiamato Figlio di Dio». E questo, grazie a un intervento che supera ogni immaginazione e possibilità umana: «lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo». Gesù, dunque, prima di essere «frutto» di Maria, è «frutto» dello Spirito Santo.

E sarà Lui a proclamarlo, rifacendosi alla nota profezia di Isaia: «lo Spirito del Signore è sopra di me.. Gesù è «frutto benedetto» perché nato dall'azione dello Spirito Santo «che è colui che dà la vita»; è maturato nel seno di Maria che è tempio vivente dello Spirito; ed è la benedetta fra tutte le donne.

 

Frutto in senso pieno e reale

Gesù è frutto del seno di Maria nel senso più pieno e reale. Soprannaturale è il concepimento, ma normale la gestazione. Per nove mesi, come ogni altra donna, Maria custodisce il Ver­bo fatto carne nel proprio utero, lo sente, lo «vede» crescere, ne avverte i movimenti, l'alimenta con le proprie viscere, gli tra­smette il proprio sangue e la propria vita. Il «frutto» di Maria non deve essere troppo spiritualizzato per­ché si corre il rischio di renderlo artificiale.

Questo «frutto» meraviglioso è stato provocato dall'azione dello Spirito, ma è legato alla carne, al sangue, alla materia. Ha avuto bisogno del normale grembo di una donna. Maria non ha accolto il Verbo nella propria anima, ma nel proprio corpo. Gli ha impresso il colore della propria carne e dei propri occhi; ha trasmesso al suo bambino qualcosa dei suoi lineamenti, del suo carattere, della sua sensibilità, del suo sorriso... Dio sceglie la strada più naturale e vitale per crescere e svilup­parsi, e si rende, per così dire, visibile, prima di tutto attraverso la rotondità di un ventre.

Nove mesi non sono un numero simbolico: è il tempo necessa­rio per consentire a un bambino di essere pronto per venire alla luce. Il Figlio di Dio, prima di vedere la luce sulla terra, vive i nove mesi naturali dell'attesa.

 

Essere realmente e totalmente madre

Dice un testo abissino: «La donna concepisce, e, come madre, essa è differente dalla donna che ancora non è madre.

Per nove mesi essa porta nel suo corpo le conseguenze di quel primo momento nel quale ha cominciato a palpitare in lei la vita. In lei cresce qualcosa. Qualcosa cresce nel suo corpo e dal suo corpo mai scomparirà: perché essa è madre.

E madre rimane anche se il bambino morirà, perché essa ha portato il bambino sotto il suo cuore. Poi, quando il bambino nascerà, essa continuerà a portarlo nel cuore. E dal suo cuore mai scomparirà. Tutto questo l'uomo non lo conosce. Di questo mistero non sa nulla... Solo la donna lo sa e lo può testimoniare...».

Madre e figlio sono quindi due realtà indissolubili e comple­mentari; due realtà che insieme realizzano ciò che nel mondo vi è di più grandioso e di più misterioso. Ciò vale per tutte le donne e per tutti i tempi. Ciò vale quindi anche per Maria che ha portato sotto il suo cuo­re un Bimbo delizioso... che dal suo cuore mai scomparirà. Questo bimbo delizioso si chiama Gesù.

 

 

GESU’ – IESUS – YESHU’A – IESOUS

Siamo nel cuore dell'«Ave Maria»

La prima parte della nostra preghiera si apre col nome di Maria e si chiude con quello di Gesù. Il nome di Gesù rappresenta il punto d'arrivo normale e imprescindibile. Tutto è in funzione del nome, e quindi della persona, di Gesù.

La vicenda di Maria di Nazaret porta a questo necessario sboc­co per lei e per noi. Tutta la storia della salvezza prepara e irraggia questo nome santo che sta al centro del mondo, della storia e del cuore di ogni uomo (anche se non lo sa!).

Gesù, il salvatore

Gesù, nome frequente per gli Ebrei, significa letteralmente «Iahvè salva». Iahvè, a sua volta, esprime l'idea di un Dio che realmente esi­ste, su cui si può contare, sulla cui presenza si può fare affida­mento, perché accompagna con amore il suo popolo e ogni uomo che a Lui si affida. Gesù è quindi il nome che indica «la salvezza operata dal Si­gnore attraverso il frutto del seno di Maria».

Gesù ci salva: ci redime cioè dal peccato e dalla schiavitù di Sa­tana, ci fa passare dalla morte alla vita (sia spirituale che fisica), ci libera dallo stato di asservimento al male e ci dona la grazia, che è partecipazione alla vita divina e diritto all'eredità eterna con Lui in Paradiso. È salvezza nel senso che ci libera da qualcosa di negativo; è sal­vezza nel senso che ci dona dei beni soprannaturali e divini.

Gesù, nome che è al di sopra di ogni altro nome

Paolo sottolinea, con espressioni solenni, la portata esaltante e salvifica del nome di Gesù: «Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi: nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù è il Signore, a gloria di Dio Padre !».

Sono parole che richiamano la presenza e la potenza di Colui che riempie e trascende l'universo. Pronunciare questo nome è prorompere in un grido di esultanza e insieme compiere un gesto di adorazione. È il nome che è al di sopra di ogni altro nome, ma è anche il nome di un Dio che si è fatto umile e povero per salvarci tutti.

Gesù, nome da invocare

Gesù è un nome da invocare di frequente, più con il cuore che con le labbra. La spiritualità orientale antica ci ha trasmesso una invocazione semplice e ricca di contenuto: «Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore».

È la così detta «preghiera del cuore». È una preghiera intensa e accorata che riempie il cuore e si oppone alle preghiere prolisse, che svuotano e dissipano la mente. Sovente, in Oriente, viene sostenuta da un rosario di corde con cento nodi.

Questa devozione ha come supporto la certezza della potenza del nome di Gesù, secondo le parole di Pietro al paralitico sedu­to alla porta del tempio: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!»; e le altre parole dello stesso Pietro: «chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato».

Gesù, nome da respirare

Il nome di Gesù salva, guarisce, libera, rimette i peccati, tra­sforma la realtà più deprimente, sconfigge la pesantezza della carne, purifica il cuore, «risuscita» una persona. È un nome però che non va soltanto pronunciato, ma anche e soprattutto respirato, e, per questo, la «preghiera del cuore» se­gue il ritmo della respirazione.

È come il profumo che si diffonde e che perciò bisogna respirare! La respirazione profonda del nome di Gesù dona la gioia di vivere e un senso di pace interiore.

Fissando la preghiera sul ritmo respiratorio, lo spirito si calma, si libera da ogni agitazione, si disintossica dai veleni, si purifica dai richiami nefasti della carne e del demonio. «Respirando» il nome di Gesù, l'essere si interiorizza e si unifi­ca. Lo spirito e il corpo ritrovano la loro unità originale nella profondità del cuore. Invocare il nome dolcissimo di Gesù, al ritmo del respiro, vuol dire introdurlo nella profondità del nostro essere, accostarci alle sorgenti dell'acqua più limpida, respirare gioiosamente la vita!

 


 

SANTA MARIA

 

Santo, Santo, Santo è il Signore

Chiamiamo Maria Santa e dobbiamo capire il significato di que­sto attributo. Santo è, nella Bibbia, uno dei tanti attributi di Dio; è un altro nome per dire Dio. Lo ricorda la stessa etimologia: sanctus è participio passato del verbo sancire, e significa «essere separato, distinto».

«Dio Santo» è Colui che trascende l'uomo e il mondo; che «abita una luce inaccessibile» ed è distinto dall'uomo. Più che una qualità morale, il termine santo indica l'essenza di Dio e la sua autorità: Dio è totalmente diverso, superiore, distinto... anche se presente e non distaccato dalle cose. Lui solo è Santo!

Dio partecipa la sua santità

Il Signore, che è il solo Santo, può tuttavia partecipare, e di fatto partecipa, la sua santità. Noi vediamo infatti che sono detti santi: il popolo di Israele, i Profeti, gli Apostoli, Giovanni Battista; santa è la Chiesa e santi tutti i Cristiani, partecipi della vita e della missione di Cristo.

Sante sono dette sia le persone che le cose che assumono una funzione divina: i ministri del culto, il tempio, l'altare, il sa­crificio, Gerusalemme, Sion. Le cose in sé sono profane, ma siccome entrano in relazione con Dio che è santo e servono il Santo, partecipano di questa santità. Ma soprattutto la santità si ha quando si imita la santità di Dio. Nell'Antico Testamento, Dio dice di essere santi, perché Lui è santo; e nel Nuovo: «questa è la volontà di Dio: la vostra san­tificazione»; «siate voi dunque perfetti come è perfetto il Pa­dre vostro che è nei cieli».

Gesù, il Santo di Dio in mezzo a noi, costituisce il modello di tutte le virtù, e l'imitarlo è il modo più vero per raggiungere quella perfezione che ci consente di essere uomini maturi e integrali.

Maria, santa perché piena di grazia

Alla base di questa imitazione di Dio di cui Gesù è il modello supremo c'è un dono fondamentale, che eleva la sostanza stessa dell'anima rendendola partecipe della santissima natura divina. Questo dono si chiama molto significativamente «grazia santifi­cante». Essa è ricevuta nel battesimo e rende l'anima splenden­te e luminosa: per questo è simboleggiata dalla veste candida.

Ora, questa grazia santificante che noi riceviamo nel battesimo è stata ricevuta con sovrabbondanza dalla Vergine Maria al mo­mento della sua Immacolata Concezione. Per questo ella è chia­mata dall'Angelo: «Piena di grazia». La sua anima dunque ha avuto sin dal primo istante una bellezza e uno splendore abba­glianti.

Santa perché ripiena di Spirito Santo

La grazia santificante, oltre a trasformare la sostanza dell'anima fa sì che essa diventi tempio dello Spirito Santo. Quindi Maria è santa anche perché lo Spirito Santo abita in lei e l'ha assunta come strumento e luogo della sua attività divina. Ora, lo Spirito Santo non soltanto possiede, ma è la santità so­stanziale. Ella è santa quindi non tanto e solo per la conquista di una emi­nente santità personale, ma perché porta in sé lo Spirito Santo.

Attraverso lei, lo Spirito realizza per così dire una dimensione storica; e Maria diviene, in un certo senso, la proiezione nel tempo dell'attività specifica dello Spirito: è infatti la sua santità che in lei vive e opera.

Santa perché Madre del salvatore

È santa anche perché assunta a servizio del disegno santo di Dio di salvare l'umanità attraverso l'incarnazione del suo Figlio. Lei è stata scelta e messa a parte per diventare la Madre del Salvatore. E come tale non poteva essere contaminata dal peccato comune a tutti gli uomini.

Santa perché modello di tutte le virtù

Nella sua vita Maria ha esercitato tutte le virtù proprie di una donna e di una cristiana". L'umile ragazza di Nazaret, fin dalla sua fanciullezza, ha vissu­to un'esistenza autenticamente umana.

L'essere piena di grazia non l'ha sottratta alle vicissitudini e alle lotte della vita comune. Queste difficoltà le hanno dato l'opportunità di esercitare le quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperan­za) e le tre virtù teologali (fede, speranza, carità) in sommo grado; e la fanno brillare ai nostri occhi come modello di una vita autenticamente umana e santa.

 

 

MADRE DI DIO

 

Vera madre di Dio

Maria genera una Persona che è Dio dall'eternità... Gesù non è Dio per il fatto che è stato generato da Maria (sareb­be un assurdo pensare a Maria come madre della natura divi­na!): Maria è madre di Dio perché nelle sue viscere e dalle sue viscere comunica al Verbo una natura umana simile alla sua.

Come nella generazione umana ordinaria la donna genera una persona e non una natura, così Maria genera la Persona del Verbo, il quale, pur conservando la natura divina, diviene suo vero Figlio solo quanto alla natura umana. Maria è quindi «Theotòkos», madre di Dio, perché il Figlio eter­no di Dio si fa uomo da lei e per mezzo di lei.

Vincitrice di tutte le eresie

L'espressione «Theotòkos», madre di Dio, applicata a Maria Santissima, fa sì che ella possa venire chiamata «vincitrice di tutte le eresie». Infatti le eresie, cioè gli errori che riguardano il mistero dell'incarnazione del Verbo, si possono ricondurre alla negazione o della vera divinità di Gesù, o della sua vera uma­nità, o dell'unione della divinità con l'umanità nell'unica Perso­na divina del Verbo. Ora, dicendo che Maria è madre di Dio noi riconosciamo:

- che Gesù è veramente Dio;

- che è veramente uomo (altrimenti Maria non sarebbe sua madre);

- che in Lui c'è la sola Persona divina (altrimenti Maria sarebbe madre della persona umana di Gesù, e quindi non più madre di Dio).

In breve, Gesù è vero Dio e vero uomo:

- dicendo che Maria è madre di Dio, noi affermiamo la di­vinità di Gesù;

- dicendo che è madre di Dio, noi affermiamo la umanità di Gesù.

Degna madre di Dio

Nessuna creatura umana è stata pensata, «progettata», assunta, elevata a così alta dignità. Lo dice il Concilio Vaticano II con incisive parole: «redenta in modo su­blime in vista dei meriti del Figlio suo, e a Lui unita da uno stretto e indissolubile vincolo, Maria è insignita del sommo uf­ficio e della eccelsa dignità di Madre del Figlio di Dio, e perciò prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo. Per questo do­no di grazia eccezionale, precede di gran lunga tutte le creature celesti e terrestri» (Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, 53).

Ovviamente, per questa altissima dignità Dio l'ha adeguata­mente preparata «arricchendola di tutti i doni cònsoni a tanto ufficio».

 

Madre nostra

«Dio volle che l'accettazione della predestinata Madre prece­desse l'Incarnazione, perché, così come una donna aveva con­tribuito a dare la morte, così una donna contribuisse a dare la vita. Ciò vale in modo straordinario per la Madre di Gesù, la quale ha dato al mondo la Vita stessa che tutto rinnova».

Maria accetta di essere la Madre del Redentore e, di conseguen­za, la Madre dei redenti.

Noi siamo debitori a lei della vita nuova portata da Cristo; è lei che con il suo "sì" ha contribuito al disegno della redenzione, quello cioè di costituire Gesù Cristo come l'unico Mediatore e Salvatore di tutti gli uomini. Tutto in lei ha senso se è riferito a Gesù, e tutto ha senso in Ge­sù se è riferito a noi. La madre sua diviene così madre nostra «non secondo la carne, ma nell'ordine della grazia».

Ed è questo il senso delle parole rivolte dalla Croce a Giovanni: «Figlio, ecco tua Madre!». Non poteva Gesù, prima di morire, compiere un gesto più gran­de e significativo di quello di darci come madre la sua stessa Madre!

PREGA PER NOI PECCATORI

Prega

Fin qui abbiamo benedetto e lodato Maria, capolavoro di Dio, Madre di Gesù e Madre nostra. L'abbiamo ammirata, magnificata, e ci è venuto spontaneo il paragone: Tu sei grande... e noi tanto piccoli; Tu sei immacolata... e noi coperti di tanta impurità; Tu sei santa... e noi siamo peccatori; Tu sei docile e fedele... e noi siamo ribelli a un Dio che pur con­tinua ad amarci; Tu hai saputo dire «sì»... e la nostra vita è tutta costellata di «no» puntigliosi e cattivi; Tu sei beata nella gloria, e noi ancora immersi in tante diffi­coltà, tentazioni e problemi.

L'ammirazione si tramuta in rammarico di non essere come lei, ma anche in un bisogno prorompente di chiederle tante cose, consapevoli che tutto si può chiedere ad una Madre! Ecco allora l'invocazione: prega!

Per noi

Maria, prega, fa qualcosa per noi! Dì una parola in nostro favore! Intercedi presso Dio!

Intercedere significa intervenire a vantaggio di qualcuno; me­diare, fare dei passi a suo vantaggio; "strappare" una grazia. Maria può intercedere, vuole intercedere, perché è dalla parte di Dio e dalla parte nostra. È stata definita: «l'onnipotenza che intercede», «l'onnipotenza supplice».

Solo Dio è onnipotente, ma la potenza di Maria consiste nell'ot­tenere da Dio ciò che è bene per quei figli bisognosi che Dio stesso le ha affidato. Quando ci affidiamo a lei, la nostra causa, anche se disperata, è in buone mani.

Peccatori

Ci rivolgiamo a lei consapevoli del nostro stato di «poveri pec­catori». Non abbiamo titoli e meriti da rivendicare, se non quelli di es­sere «iscritti nella lista dei poveri». Siamo poveri di meriti, peccatori per nascita e anche per no­stra responsabilità. È questo l'unico titolo valido per implorare il suo aiuto.

È questa la condizione che ci dà garanzia di essere esauditi: ri­conoscere che siamo bisognosi di tutto, e che nulla siamo senza l'aiuto del suo divin Figlio e senza quella intercessione che ella può caldeggiare con materno amore.

Prima ancora di chiedere «una grazia», poniamoci fiduciosi da­vanti a lei, «rifugio dei peccatori» e «madre della divina Gra­zia».

Poniamo la nostra «posizione personale» nelle sue mani, e, con le nostre frequenti invocazioni, chiediamole di condurci per quelle strade che lei conosce come sicure e orientate al nostro vero bene!

 

ADESSO

Il momento presente

Prega per noi, adesso... L'adesso dell' «Ave Maria» richiama l'oggi del «Padre nostro»: «dacci oggi il nostro pane quotidiano». La nostra fragile vita ha bisogno di quel nutrimento essenziale che è il pane. Ma proprio perché la vita umana è all'insegna della fragilità e della precarietà, ha bisogno di essere coperta e assicurata in ogni momento, e quindi adesso.

L'adesso è ciò che riempie la nostra vita di significato, la rende preziosa, impedisce che il filo si spezzi. Troppo spesso viviamo con lo sguardo rivolto al passato, o proiettato verso il futuro... e così perdiamo gli appuntamenti deci­sivi, quelli dell'oggi. Viviamo di ricordi, di rimpianti, di nostalgie... Oppure di sogni vaghi o di attese illusorie. In tal modo non sappiamo afferrare l'adesso, il momento favo­revole, il messaggio di oggi, la grazia di oggi.

Ma l'uomo maturo e illuminato non è distratto nei confronti del presente: lo alimenta con la memoria del passato e con l'attesa del futuro, ma lo vive intensamente, responsabilmente, nella certezza che è proprio il presente ciò che conta, e che... questo presente non tornerà mai più. Non esistono solo le rare grandi occasioni della vita; esistono invece le minuscole, modeste, normali, occasioni quotidiane... E sono tutte preziose, tutte importanti; tutte da vivere e da sfrutta­re con intensità gelosa: momento per momento, e quindi adesso!

Nel bene e nel male

In questo prezioso attimo presente imploriamo l'aiuto di Maria: una presenza quindi costante, abituale, lungo il filo dei giorni feriali, nell'ambito del quotidiano. Non solo nei momenti di emergenza, quando le cose si mettono male e siamo nella disperazione, perché l'intervento della Madre non può essere sporadico, occasionale, frammentario. Una presenza familiare, che ce la rende presente nella gioia e nel dolore, nei momenti nei quali vivere è facile e in quelli nei quali il cammino si fa arduo e oscuro.

Per celebrare la vita

Pregando adesso e per l'adesso, noi chiediamo a Maria di non «abi­tuarci alla vita», ma di scoprirla ogni giorno per quello che realmen­te è: uno splendido dono che si riceve e che si deve rendere. La vita è miracolo, è sorpresa. È un evento sempre nuovo, sorprendente, inaudito. È un prodigio unico e irripetibile. Il giorno che spunta oggi non è qualcosa di scontato, di banale... dal momento che c'è stato quello di ieri. La vita è creazione, è invenzione dell'«Amore». Ogni giorno è la «prima volta».

Non esistono giorni ordinari: ogni giorno è straordinario, insolito, «mai visto», ed è carico di novità e imprevedibilità a non finire. Maria, aiutaci a celebrare la vita con stupore e riconoscenza, ogni giorno e in ogni istante. Per non renderlo banale, inutile e triste. Per non disperderlo, per non svuotarlo, per non sciuparlo. Per ricuperare il senso della gratuità e della lode, per ritrovare la freschezza del canto, per gustare la felicità di donarla con amo­re e per amore.

Aiutaci. Adesso.

E NELL’ORA DELLA NOSTRA MORTE

L'ora della morte

L'ora della morte è l'ora più temuta e il più possibile allontanata. Ma è un'ora che inesorabilmente verrà... e per tutti. Siamo sicuri che, nella successione degli adesso, verrà un «adesso» che segnerà la fine, e, con essa, la partenza da questo mondo.

A questa realtà costantemente ci richiama l'Ave Maria, anche se la recitiamo distrattamente e quasi scivolando sulla parola che non vorremmo mai pronunciare: la morte.

Nell'Ave Maria quell'ora suprema si chiama proprio morte, senza camuffamenti ed eufemismi.

Si chiama col suo termine immediato e vero, perché, dato la persona a cui ci rivolgiamo, non serve a nulla nascondere la realtà di un evento che è il più decisivo.

La morte ci fa paura

Nulla ci angoscia più del pensiero della morte. Essa si presenta come una realtà assurda e scandalosa, da evita­re accuratamente, da non far entrare nei discorsi abituali fra per­sone «normali». Cerchiamo tante strade per eliminarla dal linguaggio e dal co­stume. Abbiamo inventato slogan che sono divenuti comuni. Diciamo: «un malato in fase terminale» (per non dire «un moribondo»), «voglio morire in piedi», «voglio morire sulla breccia»... ma la realtà non cambia. E la morte permane, nonostante le più moderne invenzioni e i più conclamati successi scientifici.

Ci fa paura anche se abbiamo fede

Cristo, morendo, ha distrutto la nostra morte, e, risorgendo, ha ridato a noi la vita. Col suo mistero di morte e di resurrezione, ha trasformato la morte in amore di vita immortale. Ce lo dice la Fede: e per questo sappiamo che morire non è fini­re, ma entrare in quella vita vera, per la quale siamo nati.

Tentiamo di persuaderci che la morte, sul piano fisico, è un evento biologico normale, e, sul piano cristiano, il momento più prezioso che dà senso e coronamento alla nostra esistenza... Ci sosteniamo e consoliamo con molti ragionamenti... e ciò nonostante il suo mistero continua a metterci addosso i brividi... ed è più che normale!

Anche Gesù, sulla Croce, accolse la morte con terrore gridando al Padre tutta la sua angoscia. Che cosa possiamo fare? Possiamo continuare così ad allontanare, a minimizzare, a sotto­valutare l'evento più importante e decisivo della nostra esistenza? Evidentemente no! Meglio accettare la realtà delle cose: accettare fin d'ora, per allora, quello che accadrà, e, fin d'ora prepararlo con responsa­bilità ed equilibrio. E proprio... con l'aiuto di Maria.

Con Maria, la vita illumina la morte e la morte illumina la vita

Maria, invocata con fiducia, rende tutto più semplice, più com­prensibile, più accettabile, più sereno. Essa ci garantisce per l'adesso una presenza materna dolce e in­sostituibile. Ma mentre ci sostiene nel presente, ci dispone con serenità al futuro e a quell'ora suprema. Ci prepara alla morte, insegnandoci a vivere.

La morte illumina la vita, e la vita prepara la morte, perché essa, come diceva P. Kolbe, «non si improvvisa, ma si merita con tutta la vita». Il pensiero della morte richiama l'urgenza di non sciupare nulla di quello che la vita offre nel suo scorrere quotidiano e di sfrut­tare per il meglio ogni attimo che via via essa ci dona nel suo rapido dispiegarsi.

Vita e morte così mirabilmente si intrecciano in un'armonia che dona responsabilità, impegno e serenità.

L'Ave Maria, unendo nella preghiera 1' «adesso» e 1' «ora della morte» è il ricordo e lo stimolo migliore a realizzare questa armonia salutare.

Ad aprire quella porta ci sarà lei

All'appuntamento con la morte, tutti ci lasceranno, ma non Maria. Ad aprire quella porta sarà lei e soltanto lei! Nel momento nel quale avverrà il nostro personale incontro col suo Figlio, Giudice e Salvatore, sarà lei a parlare per noi, come madre, come amica, come avvocata potente. Entreremo nella vita eterna con l'aiuto e la protezione della mamma. Anzi:  in sua compagnia!

Sarà lei a prenderci per mano, a facilitarci il passaggio, a parla­re con noi. Non ci ricaccerà, non ci abbandonerà, perché a lei Gesù ha detto: «ecco tuo figlio!». Di una cosa siamo sicuri: che non ci deluderà, se noi l'avremo invocata, se noi l'avremo chiamata e pregata recitando ogni giorno, in vita, la preghiera dei figli: l’Ave Maria.

AMEN

Amen

L'Ave Maria, come tutte le preghiere si concluse con la parola Amen. È un'acclamazione ebraica intraducibile che, dalla Bibbia, fin dai primi tempi, passò nella Liturgia cristiana. Deriva dalla radice àman, ed esprime: sicurezza e verità. Per questo, Dio è chiamato l'Amen, e Gesù è detto l'Amen per­ché «è il testimone della verità».

Amen è anche il termine col quale esprimiamo l'assenso a ciò che altri fanno o dicono a nome di tutti, specie in un contesto liturgico.

Amen: così è

AMEN: è sicuramente vero tutto quello che ti abbiamo detto, Maria, ammirando i tuoi privilegi e le tue virtù, venerandoti e amandoti per la tua eccelsa dignità di Madre di Gesù e nostra.

AMEN: siamo fortemente poggiati su di Te, che sei una roccia salda e indistruttibile e ci doni la sicurezza che ci è indispensa­bile per andare avanti.

AMEN: dopo averti pregato, siamo in pace, anche se attorno infuria la tempesta, perché sappiamo che COSÌ È: adesso e nel­l'ora della nostra morte.

COSÌ È: perché ci sei accanto, non ci abbandoni, non ti stanchi di ascoltarci e di amarci, come una tenera mamma.

 

Sant’Agostino (Sermo 256, I)

«Ora il nostro corpo è nella condizione terrestre,

in Paradiso sarà in quella celeste.

O felice quell'Amen cantato lassù.

O Amen di sicurezza e di pace!

Là risuoneranno le lodi di Dio.

Certo risuonano anche qui.

Qui, però, nell'ansia mentre lassù nella tranquillità.

Qui, cantiamo da mortali, là da immortali.

Qui, cantiamo nella speranza, lassù nella realtà.

Qui, da esuli e pellegrini, lassù nella patria... ».

© U.S.E.D.E.I.